Disturbi Alimentari

Con l’anoressia ho decretato la mente vincitrice, ho vissuto nell’illusione che la vita potesse essere messa in scacco da un controllo ossessivo e martoriante di ogni istinti  pulsione. ho posto il mio corpo fuori uso, l’ho privato di ogni possibilità di gemito e reclamo, lui chiedeva, io lo educavo al silenzio, lo addomesticavo a non esserci, mi davo da fare per toglierlo di mezzo, lui con i suoi stupidi eccessi e le pretese ingestibili. Era l’unica possibilità che avevo per esistere.

Poi un giorno cambiò tutto. Si tratta del giorno in cui affamata ho aperto il solito frigorifero contenitore di peccati e bombe a mano. Mille volte lo avevo aperto, mille volte avevo sostato lì davanti per avere la certezza che io (io chi? la mia mente...) ero ancora più forte.
Il cibo ce l’avevo in testa, in modo ossessivo, assillante non avevo spazio tra i miei pensieri che per quello. A casa non c’era nessuno, ed ho il dubbi che se ci fosse stato, me ne sarebbe importato qualche cosa. Presi ad osservare il formaggio avvolto nella pellicola trasparente. Avevo la solita fottuta sensazione di non riuscire ad assaggiare un minuscolo pezzettino per la paura di divorare tutto quanto. quel giorno, come tute le altre volte, mi dicevo di resistere, ma nel mio cervello rituonava un “no, no no, no, no, no, no, non lo fare” più assordante, perché la fame era davvero troppa. Avrei dovuto chiudere immediatamente il frigo e scappare, scappare lontano, in un posto sicuro dove il cibo non esista ed io portavo ancora la corona sulla testa. avrei dovuto essere più forte di quanto lo ero stata in precedenza, ma il mio corpo, si, sempre quello, il mio solito corpo suppongo, aveva deciso di voler esistere anche lui. Persi il controllo su ogni pensiero, sul mio braccio che entrava tirannicamente nel frigorifero. Presi il formaggio, lo scartai freneticamente, lo presi a morsi, lo divorai tutto, ma no, non bastava, io avevo fame, ancora fame, presi un tramezzino, un altro ancora, con le mani unte e la bocca imbrattata afferrai le ‘spinacine’ crude, in bocca, voracemente, giù, a riempire il mio pozzo senza fondo.

    cosa stai facendo?

    Non lo so, ma ora devo continuare.

    Non controllavo più nulla, tutto procedeva senza la mia volontà.

    Aspetta, ora basta.

    No, un altro po’, solo un altro po’... ora smetto, lo giuro.

Aprii la credenza dove mia madre teneva i biscotti, quei biscotti di cui avevo sempre e solo leccato le briciole raccattate sulla tavola dopo la colazione. Ora il mio corpo li voleva, li voleva tutti, ed io, principessina senza più corona, non potevo farci nulla. Mi ingozzai di biscotti, in piedi, smascherata alle spalle dalla luce al neon, fredda e inquietante, del frigorifero ancora aperto, di fronte a me la credenza sempre più vuota. M’ingozzai fino a sentire gli occhi uscire dalle orbite, il cuore accelerato pulsare in gola, lo stomaco dilatarsi quasi a dover esplodere, la bocca insudiciata da mille sapori. M’ingozzai fino a che in casa non c’era null’altro da ingurgitare ed io ero diventata ciò che realmente sono: un’insulsa, schifosa, lurida vacca.

Gli attimi furono confusi. Che cosa era successo? Ero davvero io la protagonista di quell’orgia alimentare? Realmente facevo fatica a rispondere a queste domande. Mi guardavo intorno spaesata, incredula. No, non è possibile...io ho i superpoteri..io sono un’anoressica, non posso averlo fatto, io ho il controllo.

    no, il controllo, non ce l’hai più.

Quando ti rendi conto lucidamente che la colpevole di credenza e frigorifero svuotati sei tu, stai male ed entri nel panico. Non avevi mai pensato di vomitare, il vomito era quanto più temessi ogni volta che avevo l’influenza, forse perché il conato era qualcosa di ingovernabile che accadeva al mio corpo senza che io potessi fare alcunché per fermarlo. Ma allora mi parve l’unica soluzione possibile. Avevo letto diverse biografie sui disturbi alimentari, ricordavo alla perfezione cosa bisognava fare per procurarsi il vomito. Corsi verso il bagno; ad inseguirmi, intimorendomi a morte, il solo disperato pensiero che le calorie ingerite si stessero già insinuando sulle mie cosce e sul mio sedere.

    No, non possono farlo, aspettate, ora rimedio, lo giuro, scusate, scusate tutti. Dio ti prego, fa che non succeda.

Alzai la tavoletta con le mani tremanti e ficcai due dita in gola. Primo tentativo fallito.

    No, non ce la faccio.

    Cazzo, devi farcela, non hai tempo stupida vacca, hai sbagliato, rimedia!

Feci un respiro profondo e ci riprovai.

    Le due dita più profonde, più giù, non avere paura, ce la puoi fare, il conato ti purifica.

E fu così. Dietro un conato, intravvidi scorrere giù nel water i miei peccati, la mia fame senza limiti, la mia debolezza trattenuta ed annullata da 35 Kg sovrumani. Vomitai tutto, vomitai fino a che non vidi uscire dalla mia bocca solo succhi gastrici e dentro di me, finalmente, di nuovo il vuoto.

Mi misi accucciata a terra accanto al termosifone cercando di restituire al respiro la sua regolarità, ricordo la testa girare forte ed il cuore accelerato urlarmi che voleva abbandonare il corpo, tutto dentro di me voleva scappare e liberarsene. Ma lui c’era, prepotente, violento e, da quel giorno, capii che il corpo non potevo ignorarlo. Lentamente mi alzai, mi sciacquai il volto, tirai lo sciacquone e mi guardai allo specchio.

    Sei felice perché hai vomitato o triste perché ti sei ingozzata?

Prevalse l’inquietante consapevolezza di non essere più solo un’anoressica.

[...] La bulimia è il mostro più temuto da ogni anoressica, ma prima o poi arriva per tutte. Quando arriva inverte la divisione anoressica mente-corpo, scatena il caos nel tuo cervello, devi fare i conti con l’istinto di vita, primordiale, violentissimo e con la tua fame insaziabile, furiosa, che ti priva della tua purezza. La bulimia macchia di sporco, la bulimia a differenza dell’anoressia è un segreto. La bulimia è seducente, tentatrice, bestialmente umana. E rende la lotta mente-corpo, ancora più feroce.

(Tratto da Mia madre odia le carote- Cotrufo, Zoe, Mimesis ed.)

I disturbi, i sintomi sono il compromesso (il migliore che si è potuto trovare) che sta al posto di un disagio che è ben più profondo e personale. Uno stesso sintomo può avere diversissimi significati per differenti persone. Alla base di qualunque sintomo psicologico è possibile rintracciare un senso, un significato; se si vuole risolvere il disagio è necessario cogliere quel Senso.

Nel disturbo alimentare è il corpo si rende teatro del disagio che non è nel corpo, ab origine, ma psicologico.

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